Chi lavora nel mondo della dipendenza patologica sa bene che, nonostante – rispetto a qualche decennio fa – sia calata l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica sul fenomeno della tossicodipendenza, siamo ancora molto lontani dal superamento della problematica. Oggi, anzi, assistiamo a un incremento del fenomeno delle dipendenze, con l’aggiunta di forme nuove, in cui la sostanza è sostituita da un comportamento, come nel caso della dipendenza da internet, dallo shopping, dal sesso o dal gioco d’azzardo.
L’Italia registra livelli di consumo di sostanze superiori alla media europea: nel 2011 l’8,7% ha fatto uso di cannabis, l’1,3% ha assunto cocaina e lo 0,4% eroina. A creare una vera e propria emergenza socio-sanitaria è però il gioco d’azzardo: quasi la metà della popolazione italiana, nella fascia 15-64 anni, ha giocato almeno una volta nell’ultimo anno. Tra questi, ben 800.000 persone sono considerate a rischio moderato e 250.000 a rischio problematico.
Da questi dati si evince che il quadro è vario e complesso.
Capire a cosa serve un comportamento permette di intervenire per modificare le premesse che lo generano, di affrontare le ricadute e di capire il senso di ciò che sta accadendo. I professionisti che lavorano con le dipendenze patologiche devono poter disporre di quadri concettuali di comprensione del fenomeno e di strumenti di intervento mirati. Solo così potranno aumentare l’efficacia dei loro interventi e saranno in grado di gestire il senso di frustrazione e di scoraggiamento che caratterizza il lavoro di cura con questa categoria di utenti.
Il comportamento dipendente, in quanto sintomo, ha un importante valore comunicativo nei contesti familiari e sociali, e ha sempre una precisa funzione di regolazione omeostatica. Se consideriamo la tossicodipendenza all’interno dei sistemi di appartenenza dell’individuo, ci renderemo conto che essa risponde a dinamiche comunicative implicite, con effetti pragmatici ben precisi. Essa diventa un modo per affrontare e risolvere – in modo chiaramente disfunzionale – conflitti e problematiche non mentalizzabili e quindi non verbalizzabili.
Master di Alta Formazione in Dipendenze Patologiche
Il Master di Alta Formazione in Dipendenze Patologiche mira a formare professionisti che siano in grado di articolare prospettive interpretative nuove, complesse ed efficaci per la comprensione del fenomeno della dipendenza da sostanze e/o comportamenti, integrando la conoscenza dei correlati bio-fisiologici con la riflessione sulle premesse implicite, personali e relazionali che sono alla base del fenomeno. I partecipanti impareranno a padroneggiare gli strumenti pratici utili al lavoro terapeutico, attraverso la conoscenza di realtà professionali centrate sul problema e l’approfondimento clinico esperienziale.
La dipendenza non è una problematica che interviene casualmente nella vita delle persone. Deve esserci una vulnerabilità di base che viene slatentizzata nei periodi di stress, quando il senso di sé risulta annientato da sensazioni ed emozioni non simbolizzabili. Quando le persone non sono capaci di dare parole a sentimenti di frustrazione, delusione e rabbia, quando rifiutano la gelosia, l’invidia, la rivalità e la competizione che pur sperimentano, c’è il rischio che si attivino dinamiche comportamentali disfunzionali. Se non c’è uno spazio di pensiero e di relazione autentica, sia all’interno della propria esperienza psichica soggettiva che nell’ambito del contesto sociale di appartenenza, si è più vulnerabili a sviluppare un disturbo da dipendenza patologica.
Il piacere che si ricava da una qualsiasi forma di dipendenza patologica deve intendersi come la ricerca di uno stato di trance autoindotto, un rifiuto mentale il cui scopo è di costruirsi una realtà parallela psicosensoriale differente da quella sperimentata nella realtà ordinaria, di ritirarsi da ogni contatto e di dissociare le sensazioni, le emozioni, le immagini conflittuali non rappresentabili sul piano cosciente.
Il terapeuta che è in grado, tramite l’ascolto attento e il disinnesco di alcuni nodi, di mostrare al paziente la ricorsività propria della percezione della realtà come atto soggettivo, può consentire l’attivazione di nuove modalità percettive. Attraverso l’insight gli individui possono essere aiutati a cambiare. Ecco allora che ascoltare e comprendere la costellazione sottesa a una determinata organizzazione significati, agire su alcuni snodi tipici, permette di modificare progressivamente le comunicazioni in gioco e di restituire ai soggetti la parola, e con essa, un diverso ruolo nello spazio/tempo familiare e comunitario.
Per maggiori informazioni sul Master puoi contattarci a: info@spazioiris.it o direttamente allo 02/94382821.