Una giornata “NO”. Nata storta. O ingrigitasi in corso d’opera. Capita a tutti e con frequenza variabile da persona a persona. I motivi a monte possono essere i più diversi, a volte anche banali. Ormai sono così tanti gli stimoli quotidiani a cui, volontariamente o non, siamo sottoposti che basta un click sul recettore giusto e tac. La frittata è servita, calda e indigesta. Neanche ci fossero 12 tuorli dentro a tormentare il nostro stomaco sofferente e a fare impennare i livelli di colesterolo.

Vi è mai capitato, ad esDepresso_Spitafield-market-socialempio, che, appena trascorsa una notte insonne, c’era lì pronto per voi un buongiorno ancora peggiore? C’è un recente algoritmo di Facebook, “Accadde Oggi“, lo avete a mente? “Utente XY, sei importante per noi così come lo sono i ricordi che condividi. Abbiamo pensato che ti avrebbe fatto piacere rivedere questo post di 3 anni fa“. Certe mattine, quelle mattine, non c’è cosa più irritante che trovarselo là on the top side dopo aver fatto tap sulla effe blu tra le app dello smartphone. Certo il social ci dà la possibità di ignorare il suggerimento e non pubblicare il ricordo. Ma il danno, ritagliato intorno a noi, è già bello e fatto.

Quell’algoritmo traditore

Tre anni fa. Magari ci accompagnavamo felicemente con quello/a che credevamo essere il nostro Mr Right. O la donna dei nostri sogni. Evaporati entrambi: possibile che si siano trovati tra di loro in una qualche riunione di gruppo di cheaters cronici. Vestivamo due taglie in meno e saltavamo felici sulla spiaggia. Mentre ora non sappiamo più cosa inventarci per skippare la prova costume. Scattavamoselfies agli aperitivi con la migliore amica di allora che poi, a un certo punto, si è data alla macchia. Facendo perdere le sue tracce, cambiando comitiva, nazione, continente. Bah.

Stando così le cose, ricordarcelo proprio oggi, caro Mr Facebook, è a dir poco un colpo basso. Anche se sono trascorsi tre-lunghi-annie quel ricordo era rimasto opportunamente seppellito, come un cold case, nella memoria personale e in qualche data server remoto.

La nostra giornata lavorativa è ormai partita in modalità NO. L’umore è in nuance greige tendente al noir. Fatichiamo a focalizzarci su un obiettivo. Ogni piccola contrarietà raddoppia, magicamente, il proprio volume. E i discorsi di colleghi o familiari diventano, nella nostra percezione del momento, pari al ronzare di rumorosi insetti che planano fastidiosamente all’altezza delle nostre orecchie.

Impariamo a gestire i social

Non sto raccontando un caso limite. Le vite di tutti noi viaggiano ormai sulla scia di sollecitazioni continue che derivano spesso da un eccesso di comunicazione. Purtroppo di natura virtuale. Ma come possiamo approcciarci nel modo più corretto a social network e compagnia bella senza perdere di vista la reale qualità dei rapporti. Lo chiediamo a un’addetta ai lavori, la psicoterapeuta Raffaella De Stefano**. Dottoressa De Stefano può darci qualche consiglio pratico per capirci qualcosa in più e “sopravvivere” a questo “marasma”?

Prima di cercare un approccio che tenti di “salvarci” dagli effetti sull’umore dei social credo che sia importante pensare al beneficio che ne ricaviamo. Ci saranno, infatti, anche dei vantaggi, no? Ebbene tutto parte dal desiderio dell’essere umano di appagare le sue “fami” di stimoli, di riconoscimenti e di struttura: la prima è legata al bisogno di stimolazione fisica, sensoriale e mentale; la seconda è legata al bisogno di essere visti e riconosciuti; la terza è legata al bisogno che ogni individuo ha di organizzare il tempo. È evidente, infatti, che i social network facilitano il soddisfacimento di questi bisogni, con poco sforzo e soprattutto riducendo le tempistiche. L’interazione face to face richiede impegno, responsabilità e la fatica di guardare l’interlocutore negli occhi e adeguare le nostre risposte mentre su internet basta postare, twittare, digitare.

twitter-socialQuindi è in fin dei conti anche una questione di “pigrizia”?

Il mondo social ci regala visibilità e il nostro cervello ne gode, infatti produce una grande quantità di dopamina facendoci sentire appagati. Inoltre ci aiuta ad ottimizzare il nostro tempo e questa velocità ci consente di essere più rapidi ed efficaci nella vita quotidiana. E allora di cosa ci lamentiamo? Beh il lato “oscuro” è che, ricevendo quasi immediatamente le risposte che cerchiamo, i nostri circuiti neuronali vengono condizionati facendoci essere più impazienti, irrazionali e intolleranti, causandoci anche sbalzi di umore. Attraverso i social rischiamo di limitare anche la conoscenza che abbiamo di noi stessi. Questo meccanismo comporta un mascheramento delle nostre ansie e preoccupazioni. Vi è mai capitato di sentirvi tristi, postare una canzone, una frase, un pensiero e di sentirvi meglio solamente ricevendo le notifiche? Ma perché vi siete rattristati? La maggior parte delle volte non sappiamo il perché di quello che proviamo o da dove proviene il nostro malessere“.

Certo, a chi non è capitato.

Ecco, la nostra è una cultura in cui si sta diffondendo una sorta di analfabetismo emozionale, che si riferisce all’incapacità di gestire le emozioni nostre e degli altri e di comportarsi di conseguenza. Le emozioni vengono rifuggite e nascoste, ma loro rappresentano informazioni preziose che ci aiutano a comprendere ciò che sta avvenendo, al fine di modificare il nostro comportamento per adeguarci ai cambiamenti dell’ambiente. La tristezza, la rabbia, il disgusto se impariamo a identificarle e a gestirle, sono utili per noi per riconoscere e tollerare i nostri vissuti di solitudine, di perdita e per riconoscere quelli altrui. Applicazioni come l’”Accadde Oggi” di Facebook rimandano a momenti del passato e questo può provocare il sentirsi privi di qualcosa o di qualcuno, sperimentando una condizione di mancanza (quindi di vuoto e di “buio” appunto). In realtà l’opportunità offerta è proprio l’entrare in contatto con i bisogni e i desideri legati alla tua situazione attuale, del qui ed ora, e che solo nel presente possono essere ricercati”.

Un plauso a Mr Facebook allora. Ma spesso è davvero difficile lasciare il passato al suo posto e concentrarsi sul presente. Come ci si orienta in questi casi?

Ci sono diverse modalità a seconda del momento che si sta vivendo; infatti se si è in un momento di particolare fragilità ci si può rivolgere ad un professionista, ma ci sono anche piccole accortezze self-help che possono essere attuate quotidianamente che permettono di riprendere contatto con se stessi. L’obiettivo è quello di migliorare l’ascolto di se stessi, cercando di essere tolleranti verso se stessi e verso gli sbagli che crediamo di commettere. Accettare se stessi e le motivazioni che ci spingono ad agire e reagire è un passo importante“.

E nello specifico degli “sbalzi d’umore derivanti da social“?

social-foodGli sbalzi d’umore possono avere origine da svariati fattori. In questa sede stiamo parlando del malumore generato dall’eccessivo uso dei social e quindi mi sento di consigliare di concentrarsi sulla vita che ci sta circondando. Quindi bisogna chiudere le pagine internet, le app o quant’altro per dedicarsi alla vita reale. Quella, cioè, in cui gli oggetti vengono acquistati nei negozi, dove il meteo lo si verifica andando in giro (casomai in bicicletta) o facendo una passeggiata. In cui i “like” si esprimono con sorrisi guardando negli occhi il nostro interlocutore, dove i quadri si ammirano dal vivo e non attraverso lo zoom del cellulare, dove i piatti si assaggiano con le papille gustative e non sono immaginandone il gusto attraverso lo schermo e dove i colori di un tramonto non potranno essere eguagliati da foto modificate con i filtri di Instagram”.

In questi giorni sentiamo parlare di delirio collettivo da Pokemon Go. Il segreto, quindi, per liberarsi da effetti collaterali di questo genere è rifocalizzare se stessi sulla parte di vita off-line.

Certo ed essere presenti a noi stessi mentre viviamo“.

friends-socialCi fornisce qualche dritta su come riuscire a farlo?

In questa direzione, una pratica che suggerisco è la Mindfulness che permette il raggiungimento di una consapevolezza di noi stessi, del disagio provato e offre la possibilità di accedere a nuove prospettive di osservazione e comprensione della propria realtà e riuscendo a moderare il nostro tono dell’umore”.

Ci spieghi meglio. Di cosa si tratta?

Si tratta di un metodo molto utilizzato negli Stati Uniti che ha diminuito i costi sociali da Mental Disorders. Viene usato in particolare per la gestione dello stress, dei problemi alimentari, pre e post parto e del dolore cronico. In estrema sintesi è un percorso di meditazione basato sulla conoscenza di sé e finalizzato al depotenziamento dei problemi cosiddetti disfunzionali. Ex fidanzati, persone che non sono presenti e che ti fanno star male, situazioni ed eventi futuri che producono ansia. La consapevolezza che si acquisisce con la meditazione ti porta ad essere ancorato alla situazione presente, e ad essere in armonia con quello che ti circonda. Distaccandosi dai pensieri disturbanti che conducono in luoghi diversi da quello attuale.”

 

Un contributo della dott.ssa Raffaella De StefanoPsicologa, Psicoterapeuta, tratto da http://themessyluggage.com/saturno-contro-e-pure-i-social-no-worries-ecco-i-consigli-dell-esperto/