L’alba di una mattina d’inverno, una donna esce di casa con in braccio le sue due bambine, si dirige verso il fiume, si arrampica sulla balaustra e si lancia dal ponte. Un uomo la vede, lancia l’allarme ma è troppo tardi. Il cadavere della donna sarà recuperato alcune ore dopo. Le piccole verranno cercate per giorni senza successo, probabilmente gettate nel fiume prima del suicidio della mamma.
Questo è solo uno degli ultimi casi di figlicidio-suicidio balzato ai clamori della cronaca nelle recenti settimane.
“Come può una madre uccidere i suoi stessi figli?” è la domanda che salta in mente quando si viene a conoscenza di simili tragedie. Colei che dà la vita, toglie la vita e si uccide. Accade di rado, ma accade, e accade da sempre.
Gli studi nell’ambito della psicologia perinatale hanno dato voce e dignità alle fragilità, alle contraddizioni e ai paradossi insiti nell’esperienza stessa del diventare madri (e padri). Il nuovo nato, che è per la madre al tempo stesso parte di sé e altro da sé, impone cambiamenti profondi non solo nelle routine quotidiane ma anche e soprattutto nella percezione di sé e del proprio mondo relazionale. Il modo in cui si realizza questo processo di cambiamento e l’esito di un’eventuale crisi ad esso connessa determinano la qualità del rapporto madre-bambino e, quindi, la salute psichica dei due.
“Come è possibile che nessuno si sia accorto di niente?” è un altro degli interrogativi che ci si pone di fronte a un caso di figlicidio-suicidio. Spesso, agli occhi dei più, non c’erano elementi che potevano far pensare ad un rischio tanto importante e se anche c’erano delle fragilità, queste apparivano per lo più trascurabili.
Bisogna avere cura delle madri affinché le madri possano avere cura dei loro bambini. Per questo è importante poter effettuare attività di screening della salute psichica delle donne sia durante la gravidanza che nei primi mesi di vita del bambino al fine di prevenire e monitorare condizioni di disagio e individuare situazioni di rischio. Sono risaputi, in gravidanza, gli effetti negativi degli stati ansiosi e depressivi che non hanno ricevuto un trattamento adeguato. Inoltre la letteratura di riferimento sottolinea quanto le conseguenze psichiatriche delle sopracitate situazioni coinvolgano a breve e a lungo termine non soltanto le mamma, ma anche i propri figli coinvolgendo in toto la famiglia. Appare dunque chiaro come il riconoscimento precoce delle psicopatologia perinatale sia non solo importante, ma sopratutto fondamentale.
Durante il periodo perinatale le neo o future mamme aumentano spesso spasmodicamente i contatti con molte figure professionali specialistiche e nonostante questo si stima, tuttavia, che solo il 5 % delle donne gravide con una situazione di disagio riceveva un trattamento appropriato.
Da qui, la necessità di valorizzare e potenziare l’occhio delle ostetriche così che possano essere formate in modo da facilitare il riconoscimento dei possibili fattori di rischio e sugli spettri sintomatologia depressivi.
Tramite lo screening aumentiamo positivamente l’avvio dei trattamenti precoci così da migliorare i risultati prognostici.
Sotto l’occhio degli esperti, recentemente, si osserva la psicopatologia perinatale non solo per la sintomatologia depressiva, ma che rispetto a quella ansiosa.
Durante la gravidanza lo stato ansioso può essere legata ad aspettative non del tutto positive sulla maternità, così che si possa raccogliere una certa difficoltà nel collocarsi nel ruolo materno.
Diversi studi inoltre hanno sottolineato come i disturbi d’ansia sono tra i più irruenti fattori di rischio per lo sviluppo di depressioni post-partum.
Promuovere una cultura della prevenzione in ambito perinatale significa promuovere culturalmente una politica di screening, specie in questo passaggio di trasformazione che coinvolge in modo critico tutto il sistema familiare.