Nell'era delle identità liquide e delle soggettività intersezionali assistiamo ad una graduale depatologizzazione delle differenze e ad un moltiplicarsi di categorie identitarie, che arrivano a mettere in discussione le tradizionali macrocategorie sociali.

Identità ed unicità oggi

Sempre di più il quotidiano si arricchisce di nuove normalità e le rappresentazioni sociali delle relazioni, della sessualità e della famiglia, gradualmente, si schiudono in una rosa di possibilità. Realtà sempre esistite, che un tempo erano temute come catastrofi esistenziali, oggi, un po' alla volta, sono accolte come espressione preziosa dell'irripetibile individualità degli esseri umani. L'identità, un tempo sinonimo di appartenenza a collettività normate e prescrittive, è sempre più definita dall'unicità, dalla differenza, dalla ricerca di se stessi, dalla riappropriazione e dal riscatto delle proprie differenza. Un cambiamento di paradigma accompagnato dal sorgere dei movimenti per i diritti e che, all'interno del dibattito sulla salute mentale, ha visto le discipline psicologiche spostare la domanda epistemologica dal “Quale problema causa l'allontanarsi dalla norma?” della tradizione psichiatrica, al “Quali diverse possibili espressioni può avere la mente e come funzionano?”. Come in ogni cambiamento di paradigma tuttavia, ad una graduale evoluzione delle rappresentazioni sociali si accompagna, da un lato, l'accendersi di battaglie culturali e ideologiche (si vedano le recenti campagne anti-gender condotte da frange culturali ultra-conservatrici in tutta Europa), dall'altro, un cambiamento “per salti” delle norme, dei protocolli e dei modelli scientifici, che in ogni contesto socio-culturale seguono tempi e storie diverse.

L'arrivo del paradigma affermativo nel contesto clinico italiano

In Italia l'affermarsi dei movimenti per i diritti LGBTQI+ e del dibattito sull'autodeterminazione delle minoranze di identità sessuale vede, con anni di ritardo rispetto al mondo occidentale, l'arrivo nel contesto clinico del paradigma affermativo. Nonostante l'avanzamento dei centri di ricerca specializzati, la grande popolazione dei clinici rimane bisognosa di formazione, essendo ancora legata a tendenze patologizzanti e pregiudizi superati, ancorata a vecchie concezioni psicoanalitiche. Le deliberazioni da parte di numerosi Ordini regionali degli Psicologi a condanna delle terapie riparative dell'omosessualità risalgono appena al 2010, mentre l'Ordine Nazionale degli Psicologi e la Società Italiana di Psichiatria possono contare solo su generiche dichiarazioni da parte dei loro presidenti di dissenso verso tali pratiche.

Conclusioni : l'importanza di un aggiornamento mirato

Si profila pertanto l'importanza di un aggiornamento mirato, capace di colmare un vuoto formativo allarmante nell'approccio psicoterapeutico alle minoranze sessuali e alla varianza di genere. La disseminazione delle linee guida delle associazioni di categoria americane e internazionali (APA e WPATH per citarne alcune), certamente, è un punto di partenza importante, così come il moltiplicarsi di corsi di formazione che mirano a riempire questo vuoto culturale e professionale nella presa in carico di pazienti LGBTQI+. Troppo spesso però, ancora oggi, le competenze sulla varianza di genere e sulle identità sessuali sono associate esclusivamente al lavoro con le minoranze. Sono così sempre gli operatori nel campo dei percorsi di transizione o quelli di riferimento per il supporto di gay e lesbiche che si formano su questi temi, lasciando scoperti i servizi generalisti, che mantengono un approccio incerto, talvolta diffidente, se non ingenuamente patologizzante, verso gli utenti non eterosessuali e/o cisgender. Aggiungiamo che, anche quando le linee guida internazionali vengono accolte dai servizi, rischiano spesso di rimanere indicazioni puntuali e relative ad un certo tipo di utenza, in contraddizione con una concezione di fondo del genere e della sessualità, che rimane di tipo binario, normativo, stereotipato. Così, per esempio, risulta difficile nei contesti generalisti di psicologia infantile trovare professionisti capaci di cogliere, accogliere, rispecchiare e valorizzare le esperienze di genere non normative dei bambini, senza etichettarli o dare per scontate determinate traiettorie di sviluppo. Ecco quindi che il rispetto della minoranza assume il sapore di un atto politically correct, senza informare la capacità dei clinici di interrogare le differenze anche nella loro pratica quotidiana. Ancor peggio, se le buone pratiche cliniche relative alle minoranze sessuali non sono accolte in una piena comprensione della varianza di genere al di fuori del binarismo tradizionale, rischiano di tradursi in ulteriori forme di normatività, che tendono ad ingabbiare gli individui in percorsi preconfezionati.

Master in consulenza e clinica delle identità sessuali

Il master affronta le principali dimensioni dell'identità sessuale in relazione al contesto sociale, di sviluppo e clinico. Gli obiettivi del Master sono volti a sviluppare nel corsista uno sguardo efficace sulle dimensioni dell'identità sessuale, dotandolo di competenze utili nella presa in carico di differenti richieste di aiuto che possono configurarsi come percorsi di consulenza e/o terapia.

I docenti

  • Dott.Guido Mazzucco
  • Dott.ssa Sonia Bertinat
  • Dott.ssa Chiara Crespi
  • Dott. Paolo Rigliano
  • Dott. Federico Ferrari
  • Dott. Jimmy Ciliberto
  • Dott. Enrico Maria Ragaglia
  • Dott.ssa Chiara Caravà
  • Dott. Jurg C. Streuli
  • Dott.ssa Paola Biondi
  • Dott.ssa Priscilla Berardi

Informazioni ed iscrizioni

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